“Resterai sempre servo del Signore e strumento di salvezza”
Mateo Alvarez Serna del Redemptoris Mater di Galilea è stato ordinato diacono sabato scorso da mons. Pierbattista Pizzaballa
“Avere un cuore sempre pieno di speranza”; “non sentirsi mai arrivato, ma tornare al Giordano” per rinnovare la conversione; “saper vedere la presenza e l’opera del Signore in tutta la propria storia”; e con la perseveranza concreta, “fare spazio alla parola di salvezza che cresce, e ti rende quel servo di cui la Chiesa ha bisogno”.
Sono stati questi, in breve, l’esortazione e l’augurio rivolti a Mateo Alvarez Serna da mons. Pierbattista Pizzaballa, Amministratore Apostolico del Patriarcato Latino, in occasione della sua ordinazione diaconale, celebratasi il pomeriggio di sabato 7 dicembre nella chiesa della Domus Galilaeae, sul Monte delle Beatitudini.
Mateo è il quindicesimo ordinato del Redemptoris Mater della Galilea, Seminario missionario aperto anche ai candidati maroniti (un sacerdote già ordinato) e greco-cattolici, e svolgerà il suo ministero diaconale a Rame, in Galilea.
Originario della Colombia, ventisette anni compiuti il primo di questo mese, ha conseguito lo scorso anno il baccalaureato in sacra teologia, e ha svolto la sua esperienza pastorale presso la parrocchia latina di Eilat e presso la Cattedrale siro-cattolica in Egitto.
Gli otto anni di formazione in Seminario sono stati arricchiti dall’esperienza spirituale e umana vissuta, secondo quanto prevedono gli statuti dei Seminari Redemptoris Mater, nell’itinerario di fede del Cammino neocatecumenale. Per questo all’ordinazione, oltre a seminaristi e sacerdoti del Patriarcato Latino, erano presenti i fratelli delle comunità neocatecumenali di Eilabun, Haifa e Shefa’mer accanto a quelli che fanno servizio alla Domus Galilaeae.
Nella sua omelia, incentrata sulle letture della seconda domenica di Avvento, mons. Pierbattista Pizzaballa ha messo in evidenza lo stretto legame che c’è tra il profeta Elia e Giovanni Battista, tra l’Antico e il Nuovo Testamento, sottolineando l’importanza di saper vedere l’unità in tutta la storia della redenzione, che è anche la nostra storia personale. “La storia della salvezza non è doppia – ha detto l’arcivescovo – ma è una sola, c’è un filo rosso che la percorre dalla Genesi all’Apocalisse, fino a nostri giorni”. Quindi, rivolgendosi a Mateo lo ha esortato a riconoscere il filo rosso con cui Dio ha accompagnato i suoi passi dall’inizio fino ad oggi, a vedere la presenza Signore in tutte le circostanze della vita, come opera e come continuerà ad operare.
“Noi parliamo sempre della nostra perseveranza, ma dobbiamo anche parlare della perseveranza di Dio con noi, che è paziente, che rispetta sempre la nostra libertà, è sempre in attesa. In Avvento attendiamo la venuta di Dio, ma c’è anche un avvento in cui Lui attende la nostra risposta”.
Nella nostra vita attendiamo le nostre piccole salvezze, abbiamo le nostre piccole speranze di farcela, di riuscire, di fare chissà che cosa, ha osservato ancora il vescovo nell’omelia. L’augurio a Mateo è stato di avere sempre il cuore pieno della vera grande speranza, “che ha sapore di eternità e ti renderà capace, qualsiasi esperienza tu viva, anche là dove ci sarà desolazione, di vedere l’opera di Dio”.
La sua raccomandazione al nuovo diacono, è stata di non sentirsi mai arrivato: “Avrai sempre bisogno di conversione, di tornare al Giordano, chiedere perdono dei tuoi peccati e fare esperienza di salvezza”. L’esperienza fatta, deve rinnovarsi ogni giorno, “con pazienza e perseveranza, che non sono un sentimento, ma un atteggiamento che ha bisogno di gesti concreti”: è necessario “avere ogni giorno un momento solo per il Signore, e così lasciare spazio nel cuore a quella parola di salvezza che crescerà, nutrirà la vita, e ti renderà quel servo di cui la Chiesa ha bisogno. Ovunque andrai, resterai sempre servo del Signore, e strumento di salvezza, per tante persone che attraverso di te faranno esperienza della salvezza in Cristo”.
L’assemblea in grande raccoglimento ha accompagnato la liturgia dell’ordinazione diaconale: le domande sull’assunzione degli impegni da parte del candidato, le litanie dei santi, l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria, la vestizione della stola e della dalmatica, e infine la consegna del libro dei Vangeli, con quell’ultima esortazione che nel rito sintetizza e sigilla la chiamata alla unità tra fede e vita: “Credi sempre ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni”.
La celebrazione si è conclusa con un canto alla Santa Vergine Maria, Regina dei Cieli, essendo la vigilia dell’8 dicembre, Solennità dell’Immacolata Concezione, e sessantesimo anniversario, proprio quest’anno, dell’ispirazione che Kiko Argüello, iniziatore del Cammino Neocatecumenale, ha ricevuto dalla Vergine Maria.
Sara Fornari, giornalista