IL SIGNORE VI HA ASPETTATO QUI SU QUESTA MONTAGNA

Giovanni Paolo II, 24/03/2000

Un nuovo diacono formatosi nel nostro Seminario: Samuel Francisco Tobar Maida

“Custode fedele del progetto di Dio per te e per la Sua Chiesa”

By: Sara Fornari

Il Patriarcato Latino di Gerusalemme ha un nuovo diacono: Samuel Francisco Tobar Maida, salvadoregno, 33 anni, del Seminario Redemptoris Mater di Galilea, che ha ricevuto l’ordinazione dalle mani di S.B. Mons. Pierbattista Pizzaballa, lo scorso 18 marzo, alla vigilia della solennità di San Giuseppe, presso la chiesa della Domus Galilaeae. Hanno partecipato alla celebrazione p. Aktham Hijazin, parroco di Rameh -dove Samuel sta prestando servizio-, alcune religiose, e i fratelli della comunità neocatecumenale di Fassouta, dove il giovane sta compiendo il suo itinerario di formazione alla fede; mentre la numerosa famiglia e la comunità di origine di Samuel hanno seguito in collegamento da San Salvador. Una grande distanza colmata non solo per mezzo di internet, ma anche grazie alla comunione spirituale.

C’è un piano di salvezza a cui Dio chiama a partecipare, spesso stravolgendo i nostri piani, e invitandoci ad assumere realtà nuove e inattese. Come per san Giuseppe, così anche per chi segue il Signore, la chiamata è ad essere pronti a “mettere in valigia” -questa la suggestiva immagine usata da mons. Pizzaballa- ciò che è irrinunciabile, per una vita di obbedienza e servizio. Si potrebbe sintetizzare così l’omelia del Patriarca, che innanzitutto, commentando il Vangelo, ha sottolineato come le nostre infedeltà e peccati non sono di ostacolo a Dio. “La genealogia di Gesù, che rappresenta la storia della salvezza, della Rivelazione, non è una storia di uomini perfetti: Dio è entrato dentro la vita di questo mondo così com’è. Così i fallimenti e tradimenti che ci sono stati anche dentro la tua personale storia di salvezza -ha detto, rivolgendosi al diacono- non hanno impedito al Signore di farti parte del Suo progetto per te e su di te.”

Al cuore dell’omelia, e di tutta la celebrazione, la virtù e l’obbedienza di San Giuseppe: come un filo rosso, o il disegno in filigrana che sta dietro alla Parola di Dio, alle promesse e le preghiere del rituale di ordinazione, ai segni della liturgia.

“Come tutti gli uomini di ogni tempo, Giuseppe ha suo progetto di vita, vuol metter su famiglia, e ha trovato una donna meravigliosa, Maria, alla quale vuole tanto bene. Poi tutto salta, in modo improvviso. Arriva l’angelo, che lo chiama a fare qualcosa di inaspettato: diventare padre di un figlio che non è suo, marito di una moglie che non sarà mai totalmente sua, entrare dentro un progetto diverso, nuovo, non voluto, non cercato, e che non sarà mai totalmente suo, almeno dal punto di vista umano. Spesso sembra quasi che il Signore si diverta a stravolgere i nostri piani, le nostre iniziative; questo perché vuol mostrare che è Lui che guida. Il più grande peccato è respingere o non accogliere il progetto di Dio, una volta che si rivela”. Mons. Pizzaballa ha quindi evidenziato come nei quattro sogni di Giuseppe ritorni la stessa espressione: “prendi con te”: che sta a significare “assumi” un progetto che non ti appartiene, che non senti tuo. Certamente “Giuseppe non ha compreso sino in fondo il progetto del Signore, ma si è fidato e si è affidato – ha notato poi. L’angelo lo ha chiamato, e lui ha subito risposto, in un silenzio obbediente”. “Giuseppe ha dovuto fare un progetto di un viaggio completamente nuovo; in qualche modo ha dovuto cambiare valigia, e prendere con sé – cioè assumere e far proprie – realtà totalmente nuove”. L’esortazione del Patriarca al nuovo diacono è stata di fare la valigia con ciò che sarà davvero necessario al cammino lungo tutta la vita, e che vedrà molti passaggi: “Cosa prenderai con te in questo viaggio, nella tua valigia, nel tuo cuore? Qualcosa, o qualcuno, che ritieni irrinunciabile, che sarà parte integrante del tuo cammino ovunque andrai, qualunque cosa farai; e che sarà costitutivo, distintivo, della tua identità di persona, di sacerdote: chiediti cosa porterai con te sempre, in questo progetto di Dio al quale sei stato chiamato”.

È significativa la storia di Samuel, che sentì la chiamata al sacerdozio già all’età di cinque anni: una vocazione messa da parte crescendo, e dimenticata. Studiando architettura all’Università, ha raccontato, “avevo il sogno di sposarmi, avere molto denaro e vivere tranquillo. Questo però produceva in me una grande insoddisfazione. Mi resi conto che il mio progetto di vita non aveva senso, era meschino, egoista. In questo bivio esistenziale capii che la mia vita doveva prendere un’altra direzione”. In un ritiro spirituale, dando la sua disponibilità a seguire Cristo, sentì una chiamata del Signore personale, per nome.

“Il tuo angelo – ha puntualizzato il Patriarca – sarà la Chiesa: attraverso la Chiesa Dio ti dirà quale sarà il progetto: che cambierà continuamente, che a volte comprenderai, a volte no, che a volte rifiuterai. In esso si manifesterà il piano di salvezza di Dio, che iniziato con Abramo, arriva fino a te”. Infine un monito: “anche quando sarai sacerdote, resterai diacono: mai padrone del progetto di Dio, ma sempre servo, servitore della Chiesa, del popolo che ti è affidato. Sarà in quel modo che servirai il Signore”.

“Attraverso l’intercessione di san Giuseppe – ha concluso il Pastore latino di Gerusalemme – il Signore ti aiuti a essere sempre un custode fedele del progetto di Dio per te e per la sua Chiesa, alla quale sei affidato e consegnato, perché tu possa essere sempre fedele e obbediente a quello che il Signore ti chiederà, nella salute, nella malattia, nel dolore, nella prova, ma anche nella gioia: essere sempre parte della vita di Dio e in Dio”.

Tra i momenti più commoventi dell’ordinazione, dopo le promesse, e prima dei riti della vestizione degli abiti diaconali e della consegna del libro dei Vangeli, c’è stato il canto delle litanie, durante le quali il candidato è prostrato a terra; toccanti anche le parole della preghiera di ordinazione, che invocando per l’eletto ogni virtù sembravano descrivere san Giuseppe: “umile nel servizio, retto e puro di cuore, vigilante e fedele nello spirito”, “forte e perseverante nella fede”, “l’esempio della sua vita, generosa e casta, sia un richiamo costante al Vangelo e susciti imitatori nel tuo popolo santo”.

Al termine della celebrazione mons. Pizzaballa ha ringraziato i genitori di Samuel, che è l’undicesimo di dodici figli, per il dono che hanno fatto, dandogli la vita, alla Chiesa di Gerusalemme.